CAPPELLA DEL SS. SACRAMENTO

La cappella dell’Eucarestia o del SS. Sacramento, in corrispondenza della navata sinistra, ha una impronta di solennità e di sontuosità, che la contraddistinguono dall’altra cappella. Essa è divisa in due comparti: l’altare e l’antisala, separati da un doppio arco a tutto sesto, poggiante su due pilastri. Arco e pilastri sono finemente decorati con motivi geometrici.

I soffitti a volte dell’altare e dell’antisala e la lunetta sovrastante l’altare, sono affrescati dal pittore maiorese Raffaele D’Amato (1857 - 1921), sotto la data del 1910. Il motivo centrale delle due volte rappresenta angeli cantori e musici, simboleggianti l’Eucaristia: gli angoli della composizione dell’antisala sono decorati con quattro medaglioni nei quali sono iscritte figure di santi e di sante appartenenti ad ordini religiosi.

Nella parete della cappella, a sinistra dell’altare, si apre un finestrone a vetri, a spicchi ottagonali e pentagonali, colorati in giallo e azzurro. Nella parete a destra dell’altare è ricavata una nicchia affrescata dal pittore napoletano De Rose, con un motivo raffigurante una Madonna con angeli e colombe, datato 1918.

Il maestoso altare è arricchito da quattro ancone (Ancona. Termine indicante un pannello scolpito “o dipinto, da porsi sull’altare. Durante il periodo gotico si prescelse la struttra a polittico, costituita da più riquadri affiancati, come nel nostro caso. N.d.A.), due per ogni lato, intervallate da colonnine dell’ordine composito (ordine dell’architettura romana costituito di elementi corinzi e ionici. n.d.r.).
Ciascun ancona è ornata con la statua in bronzo di un Evangelista; al di sotto di ogni ancona, incastonati nello zoccolo della mensa, vi sono dei medaglioni a mosaico, ognuno recante il simbolo dell’Evangelista cui si riferisce, e cioè: un Angelo per Matteo, l’Aquila per Giovanni, il Leone per Marco e il Bue per Luca. Ogni simbolo è affiancato a un foglio manoscritto, stilizzato, che rappresenta il Vangelo.

Al centro dell’Altare è posta un’alta edicola a volta nella quale è sistemato, a forma di tempietto, con colonnato e frontone, il Tabernacolo, dove è conservato Gesù Eucarestia. Il tempietto è dominato da una cupola costolonata (cioè con la volta attraversata da cordoni che ne costituiscono l’ossatura portante e che hanno nelle costruzioni reali una concreta funzione di distribuzione del peso e delle forze in gioco, nel nostro caso ha ovviamente solo uno scopo decorativo. n.d.r.) che ripete la forma della cupola della Collegiata. La base dell’altare è decorata con un ricco e pregevole bassorilievo in bronzo che raffigura l’Eucaristia. La mensa è sostenuta da due angeli bronzei. Le pareti del piccolo transetto o antisala (ci si perdoni il termine non appropriato) sono decorate con affreschi del De Rose e datati pure 1918, come quello della nicchia a destra dell’altare.

Alla parete sinistra: angeli che reggono una croce di legno con chiodi, circondati da fasci di rose; evidentemente il motivo delle rose, che ricorre più volte, intende ricordare il nome dell’artista. Sul pilastro di destra dell’arco sono dipinti a grossi caratteri le parole: FIDES-SPES, sul pilastro di sinistra le parole: ET CARITAS.


CAPPELLA DELLA “FUGA IN EGITTO”

L’altare di questa cappella, detta anche “del Cerasiello”, è decorato con una grande tela, alquanto danneggiata, che è una riproduzione - eseguita dal nostro Gaetano Capone - di un celebre dipinto di Federico Fiori detto il Barocci (Perugia 1535 - 1612), intitolato “Riposo nella fuga in Egitto” , ovvero “Madonna delle ciliegie” (1573).

Indubbiamente quest’opera del Capone, anche se non originale, costituisce l’impronta caratteristica della cappella, poiché l’artista maiorese ha reso con particolare efficacia l’incanto poetico della scena riprodotta. In effetti il quadro - il cui originale si trova presso la Pinacoteca Vaticana - raffigura la Sacra Famiglia che riposa durante una sosta della “Fuga” in una fresca macchia ombrosa. Il Bambino, accanto alla Madonna, che è seduta sull’erba, afferra teneramente un rametto con grappoli di ciliegie che gli porge S. Giuseppe, ritto sullo sfondo con il mantello scomposto dal vento, mentre il mite, docile asinello, povera cavalcatura, sta immobile, quasi partecipe di una timorosa predestinazione.Naturalmente, il grappolo di ciliegie, che dà il titolo al dipinto, rappresenta un’assurdità ecologica, con la sua localizzazione nell’arido deserto del Sinai; ma nel medesimo tempo conferisce alla composizione un’atmosfera di intenso lirismo.