Per completare la descrizione della nostra Collegiata, diremo che il pavimento della navata centrale è formato da grandi lastre di marmo bianco cm. 60 x 60, posti in diagonale, intervallati da motivi geometrici costituiti da fasce di marmo nero che formano lunghi esagoni irregolari e rombi incrociati, disposti in modo da partire tutta la superficie in quadri, aventi al centro una rosetta di marmo rosa e grigio.
Subito dopo lingresso dalla porta centrale, vi è sul pavimento una scritta obliqua a carattere corsivo Salve; proseguendo lungo la linea mediana della navata centrale si incontra una decorazione formata da due quadroni concentrici e incrociati, di marmo scuro nella parte centrale, con al centro un cerchietto di marmo rosa. Viene poi la scritta in caratteri angoliformi ADORAMUS, e, proseguendo verso il transetto, la scritta nei medesimi caratteri GENUFLECTAMUS. Infine al centro del pavimentodel transetto, è intarsiata una decorazione che rappresenta chiaramente uno stemma; e precisamente lantico stemma della Città di Maiori. Cercheremo di descrivere lo stemma nel modo più esatto possibile: Un grande scudo rettangolare che reca nella parte inferiore un piccolo rilievo di terra dal quale spunta una pianta della chioma larga, non bene identificata (ma che nellintenzione dellartista dovrebbe essere una pianta di maggiorana), dominata da una corona nobiliare stilizzata, a cinque punte. Dai bordi laterali e superiore dello scudo si diffondono dei nastri svolazzanti, più volte ripiegati. Lo scudo è poi dominato da una grande corona, che ha per base una larga fascia istoriata di fregi e pietruzze colorate (ad imitazione di pietre preziose), e terminante in alto con cinque appendici a forme di foglie di quercia. Tutta la composizione è iscritta in un cerchio circondato da sedici raggi a punta.
E qui è necessaria una digressione, che ci allontana dallargomento trattato, ma che è utile per convalidare lipotesi dellattribuzione dello stemma. Il cronista maiorese Aurisicchio così scrisse dello stemma di Maiori: << È una pianta di amàrica (dal latino amaràcum) ossia erba maggiorana piantata dentro un vaso, in campo azzurro, trasparente>> (il trasparente si riferisce forse al vaso, forse alla tonalità del colore).
È certo però che lantico sigillo comunale di Maiori del XVII e XVIII secolo portava la pianta semplice di maggiorana colle radici nude. Infine in una pubblicazione del Collegio Araldico di Roma, 1920, a cura del barone Antonio Guerritore: GLI STEMMI CIVICI DELLANTICA REPUBBLICA AMALFITANA, è riportato uno stralcio dellart. IV del Regolamento tecnico-araldico del regno dItalia, del 1905, che alla voce Maiori, ne descrive lo stemma in questi termini: << di azzurro al vaso doro con pianta di maggiorana, accompagnato in capo da corona radiata a cinque punte>>. E annota: << Così rilevasi dal suggello di tale Università nel vol. 3758, anno 1739, degli atti preliminari del Catasto e dalla Raccolta di stemmi dei Comuni, del 1818. Denominata fin dal XIV secolo: Reginna Maior>>. Non possiamo esimerci dal giudicare i nostri candidi progenitori che escogitarono un accostamento tanto puerile tra la maggiorana e la origine, tanto ovvia, del toponimo Maiori, tanto da far assurgere lumile pianticella a simbolo della Città. Oltre tutto la maggiorana (Origanum majorana) originaria del Medio Oriente, dove cresce spontanea, in Europa non si trova più allo stato selvatico, ma coltivato, o anche naturalizzato ai margini dei campi coltivati. A Maiori, poi, è addirittura introvabile! Purtroppo laraldica riserva delle trovate bizzarre. Chiusa la parentesi.
Il pavimento delle navate laterali, sempre formato da lastre
quadre, è ornato da motivi più
semplici di quelli della navata centrale. Sono delle fasce
rettilinee trasversali e longitudinali di marmo scuro
intervallati da rettangoli e quadrati dello stesso marmo scuro.
Anche gli spazi sottostanti gli archi delle navate, sono ornati
con i medesimi motivi. La pavimentazione fu eseguita nel 1880 -
lo stesso anno del rivestimento della porta centrale - a
divozione dei cittadini maioresi e dellarchitetto Andrea
dAmato di Maiori che disegno e diresse, come ci
informa una targa marmorea infissa nel pavimento subito dopo
lingresso principale.