Interventi 
Salerno, 25 marzo 2000 - Salone di rappresentanza del Palazzo della Provincia 
Presentazione del libro "A. D'Amalfi: Vita di Musicista" 



Antonio Tirabassi e lo stato della musica in costiera amalfitana 
di Antonio Porpora Anastasio.

 Il libro che viene presentato stasera è il risultato di tre anni di studio e di ricerche e giunge a completare la fase divulgativa sul musicista Antonio Tirabassi e la sua opera.
In questi tre anni, io e il giornalista Angelo Tajani, abbiamo girato l'Europa in lungo e in largo ed abbiamo raccolto testimonianze, cimeli e documenti che ci hanno consentito di restituire un'immagine reale di Antonio Tirabassi, eliminando quei luoghi comuni e quelle inesattezze che per cinquant'anni ne hanno un po' viziata l'immagine creando un mito al negativo e non poco distante dalla realtà.
Tirabassi e' stato innanzi tutto un raffinatissimo Dotto e la prova di ciò è costituita dai tanti scritti che ci ha lasciato a completamento e complemento dei lavori musicali; l'insieme è notevole come si può vedere leggendo il catalogo per titoli al termine del libro.
Il tutto ruota poeticamente intorno all'enunciazione dell'Immutabilità del Bello, rispetto al quale cambierebbe solo il nostro modo di percepirLo, di qui l'evoluzione degli stili e delle forme attraverso le epoche.
Come è noto, il primo studioso della costiera amalfitana ad essersi interessato di Antonio Tirabassi e del curioso abbandono a lui riservato, è stato il Maestro Mario Schiavo di Ravello, scomparso poco più di due anni fa.
Nel 1970 Mario Schiavo pubblicò un libro dedicato al Nostro in cui mostrò le primissime acquisizioni documentarie e rese pubbliche le battute di una polemica a proposito della priorità di alcune scoperte musicologiche dovute al Tirabassi circa i problemi interpretativi dell'antica grafia musicale.
Gli sembrò infatti che invece di render giustizia allo studioso con il giusto riconoscimento dei meriti, si volesse addirittura sottrarglieli deviandoli altrove.
Schiavo, con la collaborazione di alcuni esponenti della vita culturale amalfitana, intraprese allora una coraggiosa battaglia contro un redattore dell'Osservatore Romano.
Da questa disputa Tirabassi ne uscì "vincitore".
La disputa stessa però si è rivelata svantaggiosa in quanto ha creato disinteresse, distogliendo l'attenzione del pubblico e degli studiosi dagli aspetti positivi del personaggio che da allora è stato per la seconda volta quasi totalmente abbandonato.
Nel 1975 ad Amalfi venne inaugurata una lapide in memoria di Tirabassi nel piazzale antistante la Chiesa della Vergine dei Sette Dolori, lì dove egli fu organista a soli tredici anni.
Una delle tradizioni musicali amalfitane più consolidate è quella di accompagnare la processione del Venerdì Santo, organizzata proprio da quella confraternita, con l'esecuzione di due canti - "Sento l'amaro pianto" e "Veder l'orrenda Morte" - che si ritengono scritti da Antonio Tirabassi.
Questa notizia è ormai nella memoria popolare, viene riportata sulle immagini votive e persino dalle guide turistiche, sia stampate che in carne ed ossa.
Sulla scia di questa conclamata attribuzione, non potendomi basare su fonti esclusivamente di tipo orale, ho ricercato l'origine e la base documentaria di questa tradizione.
Con qualche difficoltà ho esaminato gli archivi locali ed ho dovuto constatare l'assenza di qualunque riscontro.
Ne parlai già con il Maestro Schiavo il quale, avendo effettuato la stessa ricerca più di trent'anni prima, mi confermò che non era mai stata trovata la partitura originale e che non esisteva alcun autografo, la melodia era stata dettata a memoria da alcuni suonatori della vecchia banda municipale.
L'unico documento esistente è infatti rappresentato da alcune parti staccate di strumenti a fiato, nel formato bandistico, non databili nè firmate e scritte da diverse mani.
Ciò ovviamente non è sufficiente per affermare con certezza una qualsivoglia paternità.
Oltre tutto anche un rapido esame grafico comparativo con i manoscritti più antichi del Tirabassi, quelli scritti prima di lasciare l'Italia, lascia adito a forti dubbi.
Una più plausibile ipotesi, ma pur sempre ipotesi, è che quei brani possano essere stati scritti dal padre di Antonio, Giacomo Tirabassi, il quale scrisse l'inno "Il cuore a gioia schiudasi" in occasione dell'inaugurazione del restauro della facciata del Duomo nel 1891.
Di quest'inno purtroppo abbiamo notizia solo dall'autobiografia di Antonio Tirabassi, infatti non è stato mai ritrovato, ma abbiamo ragione di credergli in quanto tutto ciò che ha raccontato, laddove possibile, ha trovato reale riscontro.
Oltre tutto, mentre Antonio Tirabassi ad Amalfi svolse un ruolo davvero trascurabile, il padre svolse invece un ruolo primario essendo anche maestro elementare e di lui recentemente ho ritrovato nell'archivio capitolare il manoscritto autografo della "Missam de Assumptione B. M. V. " del 1874.
Oltre al libro dedicato ad Antonio Tirabassi, Mario Schiavo merita con più onore di essere ricordato per altre due pubblicazioni, ingiustamente trascurate da chi ha la responsabilità della cultura locale: "La Musica in Amalfi durante la Repubblica e il Ducato" del 1955, e "La Musica in Amalfi nei secoli XVII, XVIII e XIX" del 1985.
In questi libri l'autore ha raccolto con pazienza e scrupolo tutte le tracce possibili circa la vita musicale in costiera, dalle origini della repubblica fino a tutto l'ottocento, desumendo le notizie dai libri contabili degli archivi ecclesiastici e dalle poche fonti storiche accreditate, quali i lavori di Francesco Pansa e di Matteo Camera.
Ora, per quanto riguarda la pittura, la scultura, l'architettura, le scienze, la giurisprudenza e le lettere, in costiera troviamo sufficiente materia di confronto; non accade lo stesso per l'arte musicale.
Infatti, al di là delle poche testimonianze che vagamente riferiscono un uso musicale ordinario, per diletto dei patrizi o per occasioni conviviali collettive e private, non siamo di fronte al tramontare di tradizioni legate a convenzioni esecutive contestuali bensì dinanzi all'assenza di una qualsiasi realtà musicale da tramandare.
Partendo da questa dolorosa considerazione, lo Schiavo cerca in tutti i modi di risalire a qualche forma di tradizione effettuando continue analogie con la coeva cultura musicale dei principali centri confinanti; non riesce a rassegnarsi dinanzi a questa lacuna e rifiuta a priori l'idea che fra i tantissimi personaggi importanti che operarono e vissero ad Amalfi, anche ai tempi del suo massimo splendore, nessuno abbia lasciato una qualche testimonianza nell'ambito di una branca artistica così importante.
Di fatto, a parte i graduali e gli antifonari cinquecenteschi conservati nel museo della Collegiata di Maiori, le uniche tracce degne di interesse riguardano la cultura popolare legata a feste di carattere devozionale.
Viene ricordata fra tutte la "Festa degli Alberi", una sorta di sacra rappresentazione consistente nell'offerta di 9 grandi alberi splendidamente adornati, all'arcivescovo e ai suoi suffraganei, nella Chiesa del Crocifisso, in ricordo delle 9 galee che scortarono il Corpo di S. Andrea in occasione del suo arrivo ad Amalfi per opera del Cardinale Pietro Capuano, l'8 maggio del 1208.
La festa veniva preceduta da una sacra veglia notturna che nel tempo si trasformò in un passatempo profano con canti, danze e giuochi accompagnati da flauti, tamburi e nacchere.
Nel 1572 venne abolita con decreto arcivescovile perchè ritenuta scandalosa.
Analoghe manifestazioni erano visibili fino a una trentina di anni fa in occasione della festa di S. Andrea quando dai paesi confinanti giungevano devoti che passavano la giornata allegramente riunendosi in cerchio fuori del vestibolo del tempio con danze e canti in onore del Santo.
Qualcosa di molto simile è riscontrabile ancora oggi in occasione del pellegrinaggio in onore della Vergine dell'Avvocata a Maiori.
Dalla metà del 1600, come viene puntualmente dimostrato da Mario Schiavo, la vita musicale amalfitana si è basata esclusivamente sull'animazione delle principali feste liturgiche mediante il coinvolgimento dei Conservatori napoletani che inviavano "figlioli" e "mastricelli" ad esibire opere adatte alle diverse occasioni.
Dunque, per ciò che concerne l'arte musicale, nulla di importante o di autonomo prima della venuta di Giacomo Tirabassi e della nascita del figlio Antonio.
Il periodo a cavallo fra l' '800 e il '900 lo troviamo descritto con molta fedeltà e coloriti accenti nell'autobiografia tirabassiana che non tralascia di descrivere abitudini, tradizioni e personaggi di rilievo.
Egli si occupò della salute artistico-musicale dei melomani locali e s'innestò a tal punto nella realtà amalfitana da desiderare di allontanarsene.
Dopo Tirabassi di nuovo il vuoto e, a parte qualche manifestazione occasionale, per avere in costiera un po' di buona musica si è dovuto attendere il Festival musicale di Ravello nel 1953, oggi alla sua 48ª edizione, il Festival Pianistico di Amalfi nel 1976, soppresso da quasi dieci anni, e I Giovedì Musicali a S.Rosa (Conca dei Marini) nel 1999.
Un rapido sguardo alla situazione degli organi in costiera ci conduce ad altre significative conclusioni.
Anche in questo campo vige la solita povertà di documenti, tuttavia, basandoci su ciò che è rimasto, sappiamo che in Amalfi l'unico organo di pregio esistito ed esistente è quello della Cripta di S.
Andrea costruito nel 1871 dalla ditta Serassi di Bergamo e che attualmente giace in disuso.
Tutte le altre notizie si riferiscono a piccoli strumenti liturgici con funzione di accompagnamento e di sostegno al canto, e che quindi non lasciano intravedere uno sviluppo della pratica strumentale.
Non vi è traccia del prestigioso Cavaillé-Coll citato più volte come organo della Cattedrale; Tirabassi stesso nel suo racconto dichiara di averne suonato uno, ma a Parigi e non ad Amalfi (è noto che la celebre famiglia di organari francesi operò esclusivamente in Francia, Spagna, Belgio e Olanda).
L'unico organo di pregio della costiera è tuttavia legato proprio alla figura di Antonio Tirabassi ed è quello dell'Insigne Collegiata S.Maria a Mare di Maiori, il monumentale organo plurifonico costruito nel 1904 da Zeno Fedeli di Foligno.
Quest'organo, ancora intatto e solo da pochi mesi in disuso, venne tenuto a battesimo addirittura da Don Lorenzo Perosi (Maestro perpetuo della Cappella Sistina), padre Ambrogio Maria Amelli (musicologo, archivista di Montecassino), Ulisse Matthey (organista titolare nella Santa Casa di Loreto) ed altri; Antonio Tirabassi fu nominato "organista ufficiale" nello stesso anno e nell'autobiografia egli stesso ci racconta la sua avventura.
Attualmente quest'organo, che fra quattro anni celebrerà i suoi cento anni, richiede un restauro straordinario ed allo scopo, nel 1998, è nata l'Associazione "A.
Tirabassi" che con grandi difficoltà sta tentando di salvaguardarlo da modifiche o elettrificazioni che ne comprometterebbero irrimediabilmente la struttura.
Come si può vedere da questa rapida esposizione, in costiera non mancano gli strumenti, anche di pregio, ma purtroppo non possono suonare da soli.
In definitiva, la decadenza politica, fisica ed economica di Amalfi, qualche secolo fa ha spazzato via le attività "superflue" causando un enorme buco nello sviluppo della vita culturale ed artistica della città, il resto lo dobbiamo alla sempre determinante presenza della Chiesa, con la sua tendenza a riportare i valori all'altezza dell'assemblea e non viceversa, e allo scriteriato incremento dell'industria turistica che con unico intento finale continuano a svilire le poche tradizioni rimaste riducendole a folclore deteriore di facile consumo.
Tirabassi lasciò l'Italia nel 1909 ma restò legato alla sua terra: basti pensare che fra i suoi appunti didattici ho trovato un esercizio che prevede l'armonizzazione di una particolare cadenza sul tema della canzone " 'O sole mio" e inoltre basta leggere con attenzione il capitolo dedicato alla musica napoletana e alla festa di Piedigrotta.
Qui è contenuta una delle più precise e poetiche descrizioni della canzone napoletana, vista da chi l'ha rispettata senza pregiudizi e con una sensibilità fuori dal comune.
Avendo vissuto ed operato prevalentemente in Belgio con puntate in altri paesi dell'Europa del Nord, la figura di Antonio Tirabassi è per sua natura di carattere internazionale.
Il personaggio è di per sè poliedrico e rendergli giustizia con un ponderato recupero della sua produzione musicale e letteraria non potrà mai essere considerato come la solita forzatura dettata da compiaciuto campanilismo teso al recupero di fuochi fatui.
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Tirabassi è tuttora sconosciuto perchè è stato un pioniere e probabilmente non si rese mai conto delle implicazioni che avrebbero comportato le sue scoperte.
Restò sconosciuto agli italiani perchè grazie alle due grandi guerre i contatti erano difficili ed anche perchè si espresse in francese.
Bisogna poi ricordare che proprio in Italia le sue teorie furono valutate con timore in quanto andavano a disturbare il lavoro già effettuato da celebrati studiosi ben inseriti nel sistema.
Fu presto dimenticato in Belgio perchè era italiano e, così come egli stesso ci racconta nell'autobiografia facendo eco a quanto scriveva la stampa belga, non fu mai visto di buon occhio il fatto che un italiano fosse andato in Belgio a mostrare ed insegnare ai belgi la loro stessa musica.
Il riproporre oggi questo libro è un segno di giustizia nei suoi riguardi ma anche e soprattutto il restituire alla collettività un frammento di storia patria, un documento autentico scritto da un uomo che ha saputo esprimere in differenti modi il meglio di noi e di sè.


* * * Salerno, 25 marzo 2000 - Salone di rappresentanza del Palazzo della Provincia Presentazione del libro "A. D'Amalfi: Vita di Musicista" 

Delusioni e timori causano l'esodo di Antonio Tirabassi
 di Angelo Tajani 

Come ha riferito il Maestro Porpora Anastasio, fino alla prima metà del secolo scorso, tra gli abitanti della Costiera era quasi inesistente l'interesse per la musica, ridestatosi dopo un lunghissimo periodo di letargo grazie all'EPT di Salerno che negli anni Cinquanta iniziò ad organizzare i concerti wagneriani a Ravello, iniziativa portata poi avanti con grande abnegazione dal Presidente della Provincia, Dott.
Alfonso Andria.
Prova ne sia il fatto che tutti i paesi della costa, e Amalfi in modo particolare, dopo l'espatrio di Antonio Tirabassi non ha mai più avuto un valido "Cantor" che accompagnasse le funzioni religiose, nè annoverato tra i suoi abitanti un musicista di fama.
Ma perchè allora, se c'era tanta penuria di professionisti, Tirabassi lasciò Amalfi? La versione nota fino ad ora, mi riferisco a quella riportata nel pregevole volume di Mario Schiavo e fornita dall'amico musicologo del nostro, Antoine Auda, sostiene che Tirabassi si sia allontanato da Amalfi perchè disgustato dalle insistenti richieste del clero di suonare musica operistica e popolare durante le funzioni religiose.
Un motivo un po' troppo aleatorio pure se ci potrebbe essere qualche oncia di verità: quante volte, infatti, nell'immediato dopoguerra, durante l'elevazione si ascoltavano le note della Traviata e l'invocazione d'amore era spesso rivolta ad Alfredo, invece che a Gesù.
Ebbene, sia detto una volta per tutte: Antonio Tirabassi, salvo rare eccezioni, degli amalfitani non aveva serbato grande considerazione così come, durante i cinque lustri, o poco più, vissuti ad Amalfi, non era mai stato stimato dai suoi conterranei.
Ai figli - ci ha detto con rammarico la figlia, signora Liliane Petit, in un occasione - e agli amici più intimi - così come riferisce anche il musicologo Auda nel volume di Schiavo - soleva narrare episodi di grettezza e di angherie nei suoi confronti sia da parte di rappresentanti della borghesia, sia del clero locale.
L'avversità nei confronti dei suoi concittadini emerge con chiarezza sfogliando le pagine della sua autobiografia.
Raramente infatti egli spende una buona parola per gli amalfitani, mentre descrive episodi di grande meschinità e non risparmia critiche e arguta satira ai personaggi che popolano il racconto.
Nemmeno i parenti amalfitani avevano di lui grande stima, prova ne sia che, dopo la sua morte, quando il figlio Mario nel 1948 venne ad Amalfi - ha raccontato la signora Liliane durante la nostra prima visita nella sua casa in Languedoc - fu trattato dai congiunti con scarsa affabilità: "Ils sont étè pas gentiles avec lui" - aggiunse, con un po' di tristezza nella voce, nel riferirci quanto le aveva raccontato il fratello al rientro dalla sua unica visita ad Amalfi.
Tutto ciò sta a dimostrare quanto poco noto sia stato a quell'epoca Antonio Tirabassi ad Amalfi e a che punto arrivasse l'apprezzamento della sua opera da parte degli amalfitani.
Nel romanzo autobiografico "Vita di Musicista" che oggi presentiamo - apparso grazie al lavoro certosino del Maestro Porpora Anastasio e al coraggio delle Edizioni Dell'Ippogrifo di Sarno nella persona dell'avvocato Francesco Ciociano - egli scrive che da ragazzo era chiamato "il figlio del maestro", poichè il padre, Giacomo, originario di Oratino in provincia di Campobasso, oltre ad essere organista, era stato assunto in qualità di insegnante dalla scuola elementare pubblica di Amalfi.
La madre, Rosa Fiore, era di Agerola e, rimasta vedova, dovette avere una vita difficile.
A parte il destino crudele che l'aveva privata di oltre mezza dozzina di figlioletti in tenerissima età, rimasta vedova quando Antonio era ancora un ragazzino, si vide rifiutare un modesto sussidio dall'amministrazione comunale di Amalfi e così la famiglia era stata costretta a vivere con i magri guadagni del figlio maggiore, Giuseppe, che faceva il rilegatore, e con le poche lirette che la Confraternita dell'Addolorata, e più tardi la Collegiata di Maiori, versava al giovane Antonio per la sua attività di organista.
Per far quadrare il bilancio, Tirabassi era stato costretto a formare un complesso che andava in giro a far musica per le feste patronali.
Pertanto, ancora 24 anni dopo la sua dipartita, vale a dire prima del 1970, anno in cui Mario Schiavo pubblica il volume a lui dedicato, soltanto un numero molto esiguo di persone era al corrente dell'esistenza di questo personaggio, che all'inizio del novecento - come raccontavano le vecchie prozie - era considerato dagli amalfitani un individuo un po' eccentrico, molto riservato e reputato persino un giovanotto un tantino saputello ed esaltato.
Ma il motivo per cui egli lasciò Amalfi con grande tempestività è rimasto fino ad ora avvolto nel più fitto mistero.
Sappiamo che prima di lasciare per sempre la costiera per mai più farvi ritorno, era stato a Milano, per la solenne cerimonia inaugurale degli organi monumentali del Duomo, e a Parigi, dove aveva incontrato Pietro Scoppetta e con lui era rientrato in Italia in treno.
Per quale motivo allora, subito dopo si trasferisce in Belgio e lascia Amalfi senza salutare nessuno? Nemmeno i maestri fabbricieri della Collegiata di Maiori? Questi ultimi, in una lettera indirizzata al sindaco di quella città, addirittura accusano Antonio Tirabassi di essere sparito dalla circolazione senza nemmeno restituire la chiave dell'organo: accusa ingiusta poichè in seguito emerge che il Maestro aveva invece consegnato la chiave al prevosto.
Bisogna tener conto della situazione caotica in cui versava Amalfi e la sua costa durante l'inizio del novecento, quando la politica era caratterizzata da brogli, denuncie, minacce e persino da atti di violenza.
Il collegio elettorale di Amalfi, dopo l'avvento dell'unificazione del Regno, era uno dei più ambiti del Principato Citeriore.
Lo dimostra il fatto che tra i candidati al parlamento alla tornata elettorale del 1867 si presentò nientemeno che Ferdinando Acton.
A prova del clima teso che caratterizzava i periodi elettorali, esiste una lettera indirizzata al Presidente della Camera dei Deputati, datata 20 marzo 1867, nella quale il redattore, l'avvocato Felice Andrea Porpora Anastasio, a nome degli Elettori del Collegio di Amalfi, sporge denuncia di "dolosi artifizi che viziano radicalmente il procedimento elettorale".
Nella missiva infatti gli elettori denunciano che "il voto è stato dato a lui - Ferdinando Acton - per dolo e errore, poichè si diede a credere il fratello Guglielmo - che era già stato ammiraglio della marina borbonica, poi di quella italiana e in seguito Ministro della Marina - e la stampa di Napoli ne porge una prova non dubbia per aver propugnato appunto quello, di cui mentiva il nome.
" Avendo Ferdinando Acton inoltre fatto credere ai preti che la religione era in pericolo, "l'elettore che avrebbe votato per il candidato concorrente - il liberale mazziniano Della Monica - sarebbe rimasto scomunicato"- conclude il mittente.
Ebbene pare sia stato proprio il clima politico infuocato che caratterizzava la vita quotidiana amalfitana a costringere Antonio Tirabassi a lasciare per sempre la sua terra.
Lo possiamo sostenere grazie a un documento che ho custodito gelosamente per oltre 10 lustri, l'ho infatti trovato tra i documenti di famiglia che giacevano nella nostra cantina, appartenuti ai nostri comuni antenati che con Antonio Tirabassi avevano studiato musica.
Si tratta di una delle poche composizioni esistenti dell'illustre musicologo - autografa e donata al nonno omonimo del maestro Porpora Anastasio: la canzonetta " 'O deputato nuovo - Omaggio all'onorevole Marghieri in ricorrenza della sua elezione a Deputato del Collegio di Amalfi", scritta nel 1904.
La sua era una presa di posizione ufficiale e, quando nel febbraio 1909, ad Amalfi iniziava a serpeggiare il malcontento dell'elettorato nei riguardi del Marghieri, il nostro cominciò a temere rappresaglie da quella casta imprenditorial-clericale che per anni aveva tramato congiure nella vita pubblica della città.
Il popolo intanto, fomentato dall'opposizione, cantava: "Casanova tene 'a rogna e Ciccio Ruoppolo 'nce 'a sorogna".
Ad Amalfi insomma, come si rileva dalla seguente notizia di cronaca nera, si combatteva una battaglia politica senza esclusione di colpi.
"La mattina del 5 dicembre 1909 - scrive Sigismondo Nastri nel Catalogo della mostra dedicata a Pietro Scoppetta organizzata dall'Amministrazione Provinciale - Giovanni Anastasio incontrò a piazza Duomo Francesco Ruoppolo, potente assessore della giunta Casanova, insediatasi dopo le elezioni del luglio 1908.
Non si sa di preciso quel che si dissero.
Ad un tratto si vide l'Anastasio impugnare un revolver ed esplodere due colpi.
Il Ruoppolo, colpito, stramazzò al suolo.
Dieci giorni dopo morì, in ospedale, a Napoli.
" La situazione ad Amalfi era a dir poco incandescente e Tirabassi, avendo fatto parte della cerchia di persone che sosteneva "la sinistra liberale" alla quale in un primo momento apparteneva anche il giovane ingegnere Giovanni Anastasio, valente caricaturista e individuo taciturno che del musicologo aveva eseguito una pregevole caricatura, così come aveva fatto agli amici Pietro Scoppetta e al giovane Antonello da Lone, l'avvocato Antonio Porpora Anastasio, raffigurato in una delle immagini fotografiche più significative della mostra citata con Scoppetta e la sorella.
A questo punto il motivo dell'improvvisa scomparsa di Antonio Tirabassi da Amalfi, dove non si azzardò mai più a mettere piede, sembra chiaro: l'animo sensibile dell'artista sarà rimasto talmente impressionato dall'episodio di sanguinosa violenza che all'epoca aveva sconvolto la vita amalfitana e, probabilmente, avrà temuto per le eventuali ripercussioni che questi fatti avrebbero potuto avere nella sua vita.
Non avendo più legami affettivi che lo costringessero a restare ad Amalfi e angosciato dall'angustia, decise di emigrare verso lidi più accoglienti e illuminati.
E' quanto siamo riusciti ad appurare dai discorsi con la figlia, la signora Petit, durante le visite che le abbiamo fatto nell'eremo di Cendras, in prossimità di Nimes.
Il suo più accanito sostenitore, Auda, afferma infatti che Antonio Tirabassi arrivò in Belgio proprio alla fine dell'anno 1909, pertanto dopo il sanguinoso episodio di Amalfi.
Fra i documenti esistenti negli archivi maioresi, si legge: "31 Agosto 1910.
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Mesi or sono l'Organista della nostra Collegiata Antonio Tirabassi si allontanò da Maiori, senza dare per vario tempo notizie di sè .
In seguito, per una cartolina diretta da Milano al Signor Liberato Ferrigno, si seppe che il medesimo si recava nel Belgio, ove pare che tuttora dimorasse.

Si tratta forse dell'unica missiva inviata in Italia da Antonio Tirabassi prima di andare definitivamente in esilio.



* * * Salerno, 25 marzo 2000 - Salone di rappresentanza del Palazzo della Provincia Presentazione del libro "A.D'Amalfi: Vita di Musicista" 

Antonio Tirabassi e la società amalfitana di ieri e di oggi 
di Sigismondo Nastri 

 

La scoperta di Antonio Tirabassi, nella sua città natale, ha una data: settembre 1970, quando il compianto maestro Mario Schiavo di Ravello, al quale si devono importanti studi nel campo della storia patria e della musicologia, dopo appassionate ricerche condotte in Italia e all'estero, diede alle stampe, presso l'editore De Luca di Salerno, una documentata biografia di questo illustre figlio di Amalfi.
Non si trattò solo di fare scoprire Tirabassi ai suoi concittadini, ma anche, ed è cosa ben più importante, di porlo all'attenzione degli studiosi italiani, che poco conoscevano di lui, dato che aveva operato soprattutto in Belgio.
I risultati furono riportati in un fascicolo, stampato su carta a mano della cartiera Amatruda, cinque anni dopo: riconoscimenti giunti da riviste, istituzioni, personalità di primo piano.
Alfredo Parente - tanto per fare un esempio - parlò, riferendosi a Tirabassi, di "una figura assai degna per il talento, per la tenacia e la devozione agli studi e per lo spirito di sacrificio con cui, per non dir altro, si condannò al lungo esilio e morì in terra straniera".
E Mario Schiavo poté affermare che, finalmente, egli aveva ottenuto giustizia.
"Dalla esigua letteratura che si denunciava intorno agli anni '50 - scrisse - s'è passato ad un risveglio di studi e di ricerche, di aggiornamenti e acquisizioni (tuttora in corso) che investono ormai decine e decine di Istituti musicali specializzati; son fiorite iniziative presso quasi tutte le biblioteche dei Conservatori di Musica d'Italia; si sono allacciati rapporti con le speciali sezioni di Musicologia esistenti nelle nostre università".
Risultato di questa attenzione, la lapide sulla facciata della Chiesa di S.
Maria Maggiore, attigua a quella dell'Addolorata che lo vide organista in erba, fatta apporre dall'Azienda di soggiorno e turismo.
Eccone il testo, dettato da Enrico Caterina: "In memoria di - Antonio Tirabassi - (1882-1947) - organista sommo e musicologo geniale - che incompreso nella natia Amalfi e in Italia - passò giovanissimo e per sempre all'estero - ove scoprì nuovi mezzi di interpretazione - fra cui il "Tactus" in trascrizione moderna - che mentre svelò agli amanti della musica - i capolavori polifonici del passato - dette ad Amalfi un'altra gloria imperitura - qui dove il preclaro cittadino - fu organista a soli 13 anni - l'Azienda di soggiorno e turismo di Amalfi - per onorarne i meriti - troppo a lungo taciuti ed obliati - questo marmo pose".
Certo, se ad assumere l'iniziativa fosse stato il comune, essa avrebbe assunto un valore ben diverso.
Da quell'avvenimento è trascorso un quarto di secolo.
Di Tirabassi sono rimasti la lapide e una via, la ripida scalinata che porta al rione san Simone.
La città non ha fatto altro.
C'è voluto l'impegno forte ed appassionato di Antonio Porpora Anastasio, un musicista affermato (apprezzato a Napoli e in campo nazionale, non sempre compreso in patria), e di Angelo Tajani, un giornalista che fa onore ad Amalfi in Scandinavia, per portare a una ripresa d'interesse nei confronti del maestro, recuperandone gli spartiti, persino il suo strumento preferito, il magnifico harmonium conservato nell'abitazione di madame Christiane Lehouck, nei dintorni di Bruxelles.
Il loro obiettivo è che si arrivi alla creazione di un museo che ne raccolga le memorie, ne divulghi le opere (composizioni, trascrizioni, armonizzazioni) e diventi, nello stesso tempo, un centro propulsivo di studi musicologici.
Commendevole proposito, che va incoraggiato e sostenuto.
Antonio Porpora Anastasio s'è fatto altresì carico della pubblicazione in volume dell'autobiografia del Tirabassi, sotto il titolo Vita di musicista (e lo pseudonimo A.
D'Amalfi).
Il libro, uscito nell'estate del 1999 per le Edizioni dell'Ippogrifo, in dignitosa veste grafica, con una elegante copertina, non documenta solo le vicende personali dell'uomo e del musicista, ma ci presenta, nella parte iniziale, uno spaccato significativo della società amalfitana del suo tempo.
L'infanzia: prima la scuola delle signorine Nanti, "vecchie zitelle dall'adipe maestoso e dalle crinoline", poi quella delle non amate suore (sdilinquite le giovani, astute le anziane), la precoce passione per il pianoforte ("mio padre era maestro di musica e istitutore alla scuola.
Figlio di compositore, compositore anch'esso": quindi la musica era già nel suo DNA); poi la scuola di don Marco, "grosso prete gioviale e distratto, brusco e sincero", le striscioline di carta colorata applicate alle mosche catturate nel palmo della mano (chi è senza peccato scagli la prima pietra) e le spalmate del maestro nelle vesti di giustiziere.
Ma anche gli scherzi al limite del sacrilegio quando il sacerdote celebrava messa in quella chiesa dello Spirito Santo, della quale è rimasta solo, incisa in un muro, la traccia di deliziosi archi intrecciati.
Carletto, uno degli scolari più svegli, annacquò il vino nell'ampolla.
Poi, il ginnasio arcivescovile.
La scelta del seminario era, e lo fu a lungo, l'unica opportunità per istruirsi ad Amalfi, dopo le elementari.
Gaetano Afeltra, che visse quell'esperienza in prima persona, così ne parla in "Com'era bello nascere nel lettone": "In quel momento finiva la mia infanziaŠ La vita del seminario era tutta scandita da orari precisi.
Sveglia alle cinque e mezzo.
Fino alle sei pulizia personale.
Dalle sei alle sette studio.
Dopo, in cappella, preghiere, messa e comunione.
Dalle otto meno un quarto alle ore otto preparazione per la scuola: libri in ordine, vocabolari se necessari, compiti.
Alle otto, refettorio per la prima colazione: latte e caffè, pane a volontà.
Alle otto e trenta, scuola.
Alle undici, ricreazione di un quarto d'ora.
Poi di nuovo a scuola fino all'una.
Dopo, riposo in camerata.
Alle tredici e trenta, pranzo.
Dalle quattordici e trenta, fino alle sedici e trenta, passeggiata.
Uscivamo dal portone principale che dava sulla piazza del Duomo.
In fila, due a due, eravamo belli e curiosi da vedere, con gli abiti talari sul modello vescovile, le fasce rosse, i cappelli da prete.
Eravamo divisi in tre camerate: i piccoli, i mezzani, i grandi.
Uscivamo prima noi piccoli.
Alla porta c'era il rettore che mormorava al prefetto la località dove ogni camerata doveva dirigersi e il percorso da seguire, il tempo del riposo e l'ora del rientro".
Molti papà, riferisce Tirabassi, obbligarono la primogenitura mascolina a indossare sottana e tricorno.
E anche il padre desiderava che il piccolo Antonio seguisse quella via.
"Ma - aggiunge - restai alla scuola di don Marco ove il metodo pedagogico direttoriale era trasmesso al corpo professorale perpetuamente rinnovato".
Tra i ricordi dell'infanzia, mi piace accennare alla carezza di lord Gladstone, dopo un'esibizione canora al Cappuccini.
E alla scoperta dell'organo, quando in una vigilia di Natale il padre, organista della cattedrale, per la prima volta lo condusse alla tribuna di quello che definisce "il re degli strumenti".
"E quando l'organo tacque - commenta - non amavo più il pianoforte".
A tredici anni, la morte del genitore e l'assunzione della grossa responsabilità di sostituirlo nelle funzioni di organista alla Confraternita dell'Addolorata.
Era tanto piccolo che si rese necessario "costruire una banchetta più alta" per metterlo in condizione di suonare.
Inizia qui il percorso di musicista, culminato, dopo aver girato mezza Europa (Italia, Spagna, Francia, Germania) in Belgio, dove si stabilì definitivamente.
Considero un'operazione altamente meritoria aver pubblicato questo libro di ricordi autobiografici, assemblando tre diversi manoscritti, due dei quali scritti in lingua francese.
Non dev'essere stata cosa facile.
Un particolare va sottolineato.
Tirabassi partì da Amalfi nel 1909, possedendo, come titolo di studio, quello della terza elementare.
Ma, certamente, un bagaglio culturale notevole, acquisito principalmente attraverso la lettura.
Quindici anni dopo, il 24 maggio 1924, la sua fama era tale che l'università di Basilea gli conferì la laurea di dottore in musicologia magna cum laude, dopo aver creato una normativa ad hoc, dato che nell'ordinamento non era contemplato il caso di un candidato assolutamente sprovvisto di titoli di studio.
Ci sarebbe da indagare sui motivi che lo spinsero ad andar via, abbandonando l'incarico di organista della collegiata di Santa Maria a Mare a Maiori, dove nel 1904 era stato installato un monumentale organo costruito dalla prestigiosa ditta Zeno Fedeli di Foligno, inaugurato da don Lorenzo Perosi, da padre Ambrogio Amelli e dal maestro Ulisse Matthey, organista della Basilica di Loreto.
Ci si sta muovendo, e bene, per restituire al suo splendore fonico e timbrico questo straordinario strumento.
L'operazione la sta portando avanti, anche attraverso la raccolta dei fondi, una giovane ma già benemerita associazione, che porta il nome di Antonio Tirabassi.
È auspicabile che le istituzioni se ne facciano carico, per quel che possono.
Il restauro dell'organo di Maiori rappresenterebbe un ulteriore omaggio alla memoria del maestro.
Amalfi, come s'è detto, ha una via intitolata a Tirabassi.
Antonio Porpora Anastasio e Angelo Tajani mirano alla creazione di un museo: sarebbe, per la città, l'occasione per saldare il debito di riconoscenza nei confronti di questo suo figlio.
Ma la città è svagata, distratta, tende a privilegiare l'effimero e a volte è più portata a omaggiare chi viene da fuori che a prestare attenzione a chi vi è nato e ci vive.
Forse sulla scia di una tradizione di ospitalità, vecchia di secoli.
Come documenta il proverbio: Sant'Andrea è amante d' 'o furastiero.
E come documenta l'oblio nel quale era stato trascinato Pietro Scoppetta, il pittore della belle époque, fino a due anni fa, quando una mostra allestita nelle sale di Palazzo Sant'Agostino a Salerno lo ha riproposto all'attenzione della critica d'arte.
"La provincia - sosteneva Mario Schiavo, ed è vero - o è l'area prodiga di fermenti, di idee, o è, al contrario, la fossa dei talenti, dei rinnovatori".
Questo dà anche una motivazione alla partenza di Tirabassi da Amalfi.
All'inizio del XX secolo, la città e la costa erano tagliate fuori dal resto del mondo, nonostante da poco fosse stato completato il tracciato stradale tra Vietri sul Mare e Positano.
Terra di peregrinazioni sì, sul richiamo della storia (l'antica repubblica del mare, culla del diritto, il mito di Flavio Gioia), della fede (il culto per l'apostolo Andrea, il cui corpo si conserva nella cripta del duomo, il miracolo della manna), della bellezza dei luoghi (fatti conoscere in tutta Europa dai viaggiatori del Grand tour).
Ma anche terra di emigrazione, perché la rivoluzione industriale, il progresso tecnologico ne avevano messo in crisi le principali attività produttive: le cartiere non reggevano alla concorrenza di impianti più moderni sorti in luoghi più accessibili (quelle del Fibreno, per fare un esempio) e da trentotto, quant'erano nel 1861, si erano ridotte a meno di quindici; le attività molitorie e di pastificazione dovevano fronteggiare sui mercati quelle insediatesi a Gragnano e a Torre Annunziata.
La crisi del sistema produttivo e mercantile fu la causa di un progressivo esodo di imprenditori verso la Calabria e la Sicilia, dove le aziende commerciali gestite da amalfitani si diffusero a macchia d'olio.
Sempre all'inizio del secolo, troviamo ad Amalfi una società avvelenata dalla rivalità di due fazioni: quella delle sciamberghe e quella delle giacchette, conservatori e progressisti li chiameremmo oggi.
Proprio nel 1909, l'anno della partenza di Tirabassi, la lotta politica sfocia in un terribile fatto di sangue: il potente assessore Ruoppolo, braccio destro del sindaco Nicola Casanova, leader del partito delle giacchette, è assassinato in piazza Duomo da Giovanni Anastasio, un promettente artista, figlio del notaio Nicola, capo del partito avversario.
Quella società, come si può ben intuire, non offriva opportunità di crescita, e di affermazione professionale, al giovane musicista che, come Scoppetta, approdò inizialmente a Parigi, dove lo ritroviamo, proprio in compagnia del pittore, amico e compaesano, nella soffitta di Pigalle, e poi nella frequentazione degli eleganti salotti della Ville Lumière.
È là che inizia il percorso più interessante nella vicenda umana e artistica di Antonio Tirabassi.


* * * Roma, 23 marzo 2000 Egregio Maestro Antonio Porpora Anastasio Lone di Amalfi Caro Maestro, cause di forza maggiore mi impediscono di essere presente a Salerno alla presentazione del libro "Vita di Musicista" che tu hai curato con rigore di ricercatore e passione di intenditore.
I miei apprezzamenti sinceri per la tua opera di scrittore ho avuto già modo di affidarli ad una recensione su "Il Mattino" di qualche mese fa.
Oggi non ho che da riconfermarli con convinzione immutata.
Ma vorrei anche testimoniarti la mia stima per questa "tua" riscoperta di un grande amalfitano, il musicologo Antonio Tirabassi, nel cui nome è possibile mettere in cantiere una serie di iniziative di grande spessore culturale e di sicura ricaduta positiva sull'immagine turistica di Amalfi e Costiera.
E più precisamente: - Un Museo "Tirabassi" - Un Conservatorio Musicale "Tirabassi" - Un Festival Europeo di Musica per Organo "Tirabassi" - Un gemellaggio Amalfi-Bruxelles (rispettivamente città di nascita e di morte di A.
Tirabassi) in nome della grande musica - Borse di studio destinate a giovani musicisti italiani e stranieri con stages da tenersi, ovviamente, ad Amalfi.
Io so che stai già lavorando con paziente determinazione ad alcuni di questi progetti.
Voglio riconfermarti tutto il mio incoraggiamento e, per quel poco che posso, tutta la mia disponibilità.
Scusami con gli altri relatori: il Dott. Alfonso Andria, Monsignor Beniamino Depalma, gli ottimi colleghi ed amici Andrea Manzi, Sigismondo Nastri e Angelo Tajani, i musicologi Ciro Caliendo e Massimo Lo Iacono, ma soprattutto con gli amici del pubblico che saranno certamente numerosi.
Per quanto riguarda me, spero che non mancheranno altre occasioni pubbliche, anche nell'immediato futuro, in cui avrò modo di farmi perdonare questa forzata assenza odierna.
Ancora complimenti ed auguri per la tua attività.
Un abbraccio affettuoso Prof.Giuseppe Liuccio 


Recensioni * * * I Tirabassi da Oratino alla Costa d'Amalfi di Angelo Tajani - aprile 2000 L'interesse suscitato dalla presentazione del libro di A.
D'Amalfi, pseudonimo del musicista Antonio Tirabassi, ha destato grande sorpresa sia nel Dott.
Francesco Ciociano, editore del volume, sia nel maestro Antonio Porpora Anastasio, autore della revisione e ricostruzione dai tre manoscritti autografi, e in chi scrive.
Nessuno di noi si aspettava una tale affluenza di pubblico così altamente qualificato, che ha seguito con interesse gl'interventi dei relatori: il curatore del volume, i musicologi Massimo Lo Iacono di Napoli e Ciro Caliendo di Salerno, il giornalista Sigismondo Nastri e l'autore di questo articolo.
C'è stata qualche assenza, giustificata da impegni inderogabili, ma abbiamo notato ancora una volta il totale disinteresse di quell'intellighenzia che si auto definisce depositaria e propagatrice della cultura locale.
Non è infatti la prima volta che i cittadini sono costretti a doversi recare a Salerno per assistere ad avvenimenti di carattere culturale di estrazione amalfitana.
D'altra parte è il caso di ricordare che una fotocopia del manoscritto tirabassiano, in lingua francese, fu donata anni or sono al Centro di Cultura e Storia amalfitana dal compianto Maestro Mario Schiavo, che a sua volta ne ricevette in visione l'originale dai familiari di Tirabassi e, durante circa vent'anni, nessuno dei ricercatori di storia patria si è mai preso la briga di effettuare una revisione per renderne possibile la pubblicazione e divulgarne i contenuti.
L'unico utilizzo di cui siamo a conoscenza è il prestito concesso ad uno dei protagonisti della commemorazione del 23 luglio 1997, organizzata dal "Centro" in collaborazione con Associazioni locali, per commemorare il cinquantesimo anniversario della morte di Tirabassi.
Quel prestito si è poi rivelato totalmente inutile se vogliamo considerare che alcuni dei frutti di quella commemorazione, pubblicati e recensiti nella "Rassegna" n.
14 del 1997, riportano quei soliti errori che una anche rapida consultazione del manoscritto avrebbe consentito di evitare.
Ora, dopo l'eco suscitato sulla stampa dalle esecuzioni di elaborazioni e trascrizioni effettuate da Tirabassi delle opere di J.
S.
Bach, A.
Scarlatti, W.
De Fesch e A.
Corelli, la divulgazione della sua autobiografia e di altri documenti relativi alle sue sensazionali scoperte e riscoperte musicali e musicologiche, gli oltre quaranta documenti esistenti nei siti Internet che menzionano il Nostro, grazie soprattutto alla collaborazione con l'Ass.
"Antonio Tirabassi" di Maiori, l'interesse per il grande musicologo amalfitano viene esternato ad Agerola, città che si onora di aver dato i natali alla madre di Tirabassi, e ad Oratino in provincia di Campobasso, luogo di origine della famiglia Tirabassi, rappresentata alla manifestazione di Salerno da un suo giovane discendente, il signor Antonio Tirabassi, il quale ha lavorato alacremente per fornire notizie di natura genealogica sulla famiglia.
Avendoci fatto omaggio di un volumetto di storia patria, un saggio pregno di notizie interessanti, scritto dal rev.
Angelo Tirabassi - anch'egli imparentato con il musicologo amalfitano - e pubblicato negli anni trenta, abbiamo rilevato che tra Oratino e la Costa d'Amalfi esiste un collegamento atavico risalente a oltre quattro secoli or sono.
Duchi di Oratino furono infatti nel XV secolo i Coscia di Ischia, famiglia da cui discendeva donna Luisa Coscia, moglie di Raffaele Torre di Amalfi, e alcuni secoli dopo, Ottavio Vitagliano di Gete, una delle frazioni di Tramonti, antenato di quell'Angela Vitagliano che andò in sposa a Fortunato Confalone, proprietario della cartiera attualmente della famiglia De Luca.
Ottavio Vitagliano viene descritto come un despota, odiato a tal punto dalla popolazione, da venir assassinato proprio da un Tirabassi per aver deflorato una giovane sposa in nome dello "Jus primae noctis".
A distanza di quasi quindici lustri, da quando nel giugno del 1937 egli fu ospite a Stoccolma del prof.
Nat Fransén, che aveva trascritto e armonizzato gli antichi antifonari della Chiesa Luterana svedese applicando il suo metodo, il rampollo della famiglia oratinese ritorna a far parlare di sè nella capitale svedese.
Infatti quest'estate l'Oberman violin and piano Duo (Giulia Argentino - violino, e Antonio Porpora Anastasio - pianoforte e clavicembalo) effettuerà una tournée nel nord Europa eseguendo, fra l'altro, trascrizioni ed armonizzazioni di Antonio Tirabassi in Belgio, in Danimarca, nel sud della Svezia nonchè al Festival Internazionale di Musica Barocca che ha luogo nel prestigioso museo etnografico Skansen a Stoccolma.
* * * Antonio Tirabassi, tra musica e infinito di Ciro Caliendo - aprile 2000 "Vita di Musicista" è il titolo del volume che raccoglie tre manoscritti autobiografici del musicologo amalfitano Antonio Tirabassi (1882-1947), celato dietro lo pseudonimo di A.
D'Amalfi.
Il libro, Edizioni dell'Ippogrifo, presentato sabato scorso nella sala Bottiglieri della Provincia è stato curato dal musicista Antonio Porpora Anastasio.
La sua encomiabile perseveranza ha dato nuovo impulso ad una ricerca che, con la dolorosa scomparsa del M.
Mario Schiavo, sembrava arenata e con poche possibilità di ripresa.
Ecco, invece, progredire un progetto di valorizzazione di una realtà culturale importante, anche grazie all'espressa volontà dell'amministrazione comunale di Amalfi e della Provincia di Salerno di realizzare un museo ed una scuola di musica dedicata a Tirabassi.
Questi era un personaggio di elevatissimo spessore e di incredibile tenacia che, lasciati nei primissimi anni del '900 i luoghi natii, guadagnò prestigio e pubblica stima in Francia e in Belgio tanto da conquistare, tra i vari encomi, una laurea ad honorem, lui che in Italia aveva frequentato la scuola solo fino alla terza elementare.
Ciò che non appare a prima vista, ma che sortisce poi approfondendo la conoscenza dello studioso attraverso i suoi scritti, è la spinta fortissima che fece di Tirabassi un acuto ricercatore.
Egli intuì, forse come una folgorazione, un'approccio alla musica del tutto particolare che altri musicisti suoi contemporanei non ebbero.
Nei medesimi anni in cui l'amalfitano elaborava e trascriveva in notazione moderna gli antichi manoscritti reperiti nelle biblioteche di Francia e Belgio, Schonberg lavorava in direzione della dodecafonia, Stravinskij iniziava con Petruska il suo periodo neoclassico, Bartók poneva le basi di una prassi compositiva alimentata dalle melodie popolari.
Nel 1913 vide la luce finanche il bizzarro lavoro futurista di Luigi Russolo, l'arte dei rumori.
Tirabassi invece approfondiva le sue ricerche sulla musica composta prima dell'avvento del teatro, ed in particolare si soffermò sul concetto di ritmo.
Lo concepiva forse in una dimensione diversa: non più come schema e prigione in cui rinchiudere il suono, ma come tempo che, scevro dall'incombere della storia, fluisce fatale ed inarrestabile, vivifico e mortale.
Forse concepì un'idea di ritmo come valore assoluto che regola l'alternanza tra musica ed infinito.
* * * Una fiaba amalfitana Flo - aprile 2000 Il 21 Marzo scorso un raggio di sole più caldo del solito rischiarò la nostra fredda tana: la Primavera era giunta finalmente! Sgranchite le zampette facemmo timidamente capolino dal buco; fuori c'era un gran fermento, Amalfi si risvegliava dopo il torpore invernale e migliaia di piedi forestieri solcavano le sue vie, mettendo a serio rischio la nostra incolumità: meglio essere "ciaccati" dal paesanoŠ se proprio si deve! Dopo qualche minuto scorgemmo in lontananza una nostra amica che, per cercare di evitare le numerose "estremità inferiori" in circolazione, era diventata Rosa dalla paura.
Giunta finalmente da noi stramazzò al suolo, muta ed immobile, lo sguardo fisso e le antenne mosceŠ "È morta!" pensammo! Ma da lì a poco la poverina, con voce flebile, ci rivelò il motivo della sua venuta: Sabato 25 Marzo presso il Salone della Provincia di Salerno si sarebbe svolta la presentazione del libro "Vita di Musicista" di Antonio Tirabassi, raccolta di ricordi e di nozioni dell'eminente musicista e musicologo amalfitano.
Questo nome non ci era nuovo; i nostri avi solevano frequentare Tana Tirabassi per ascoltare della buona musica.
Purtroppo l'idillio finì quando nel 1909 il maestro lasciò precipitosamente Amalfi per non farvi più ritorno.
La possibilità di rievocare i bei tempi che furono ci fece vibrare le antenne dall'entusiasmo, tanto che ci precipitammo (si fa per dire!) alla volta di Salerno.
All'alba del quarto giorno di cammino, impolverati e con le zampette tremolanti, giungemmo alla meta; ci rifocillammo nella lussureggiante Villa Comunale ed alle 17 in punto eccoci pronti sotto le poltroncine della Sala Bottiglieri (SIGH!), con le antenne tese.
Il primo relatore fu il maestro Porpora Anastasio, curatore del libro; la percezione delle sue parole pervase i nostri corpicini di una strana sensazioneŠ sentimmo la corazza diventare sempre più angusta e lentamente aprirsi.
Il nostro punto di vista si stava modificando: ora eravamo comodamente seduti! La passione e l'onestà culturale contenute in ciò che stavamo ascoltando, avevano scatenato in noi emozioni talmente forti da elevarci a rango umano, in barba a tutte le teorie sull'evoluzione! Ci beammo inoltre delle dotte disquisizioni dei musicologi Caliendo e Lo Iacono e dell'ironia pungente degli interventi dei giornalisti Tajani e Nastri.
Infine, fuori programma, la parola venne data al Borgomastro della nostra amata cittadina; dopo qualche minuto avvertimmo un profondo senso di disagioŠ vedemmo i nostri arti accorciarsi e silenziosamente scivolammo sotto le poltroncine.
La nostra pelle s'indurì e le antenne rispuntarono sul nostro capo: potenza delle bugie! Sconsolati intraprendemmo il viaggio di ritorno.
"Tana dolce tana" esclamammo boccheggianti e con le zampette dolenti; ci adagiammo al suolo ripensando a quanto era accaduto.
Concludemmo che in fondo ne era valsa la pena: meglio un giorno da uomo che cento da scarrafoni!! * * * Omaggio ad Antonio Tirabassi.
Perchè a Salerno e non ad Amalfi? di Andrea Amendola e Andrea Torre Forza Italia - Amalfi in Forza Amalfi, anno IV n.13 - aprile 2000 Si è svolta lo scorso sabato 25 marzo alle 17.
00 presso il Salone di Rappresentanza della Provincia di Salerno la presentazione del libro autobiografico di Antonio Tirabassi: "A.D'Amalfi - Vita di Musicista" organizzata dalla casa editrice "Edizioni Dell'Ippogrifo" di Sarno che ha pubblicato il volume.
Dinanzi ad un numeroso e qualificato pubblico si sono succeduti gli interventi di Antonio Porpora Anastasio, curatore del volume, dei giornalisti Angelo Tajani e Sigismondo Nastri e dei musicologi Ciro Caliendo e Massimo Lo Iacono.
Fuori programma l'intervento del Dott.Luigi Torre, Sindaco di Amalfi, a chiusura della presentazione.
Fra i presenti, Antonio Tirabassi, un giovane discendente dell'originario ramo molisano della famiglia Tirabassi.
I relatori hanno illustrato sia la biografia e l'opera di Antonio Tirabassi che la situazione dell'arte musicale in genere, e ad Amalfi in particolare, dalle origini ad oggi, con ripetuti ringraziamenti alla memoria di Plinio Amendola e di Mario Schiavo ai quali dobbiamo la riscoperta del musicista amalfitano negli anni '70.
Valutando con lucidità l'opera svolta da Antonio Tirabassi, siamo ormai convinti di non essere dinanzi ad un fenomeno di rivalsa campanilistica ma di fronte ad un personaggio dalla portata internazionale, infatti la sua opera non riguarda solo la nostra terra ma s'innesta a pieno titolo e con efficacia nel panorama culturale europeo.
Il Sindaco Torre, in risposta ad alcuni interventi che avevano evidenziato, tra l'altro, l'esigenza di dare una idonea e adeguata sistemazione al Museo "A.Tirabassi" proposto dal Maestro A.Porpora Anastasio, ha tenuto a sottolineare la particolare attenzione dell'Amministrazione Comunale di Amalfi per la valorizzazione di nuovi e vecchi talenti della nostra terra.
Il Sindaco ha ricordato che, con apposite delibere, la Giunta municipale ha deciso la istituzione di una Scuola Musicale presso i locali soprastanti il Salone Morelli, nonchè la destinazione dei locali della Sala Scoppetta in via Annunziatella a sede del Museo di Tirabassi e di P.Scoppetta.
Il Sindaco Torre però non ha spiegato come mai la cerimonia di presentazione del libro autobiografico di Tirabassi si è svolta presso la sede della Provincia e non presso il Salone Morelli di Amalfi, come sarebbe stato più naturale ed opportuno.
Forse non c'era stata sufficiente attenzione e sensibilità per quella meritoria iniziativa cui il primo cittadino di Amalfi ha deciso di partecipare solo all'ultimo momento? Non solo ma il Sindaco di Amalfi avrebbe dovuto anche chiarire perchè la Sua Giunta ha deciso di destinare a sede del costituendo Consorzio per la gestione di servizi ambientali proprio quei locali già precedentemente individuati per la Scuola di musica.
Tanto è vero che la scorsa settimana, su richiesta del Comune, un consulente inviato dal Tribunale di Salerno ha visitato quei locali per stimarne il valore prima del definitivo conferimento al Consorzio con l'A.M.I.di Imola.
Il signor Sindaco avrebbe dovuto altresì opportunamente spiegare perchè mai la Mostra su Pietro Scoppetta del dicembre 1998 si svolse a Salerno presso la Provincia anzichè ad Amalfi, come sarebbe stato più opportuno da parte di una amministrazione più sensibile.
E per finire, vorremmo ricordare al Sindaco Torre che con la delibera di G.M.n.359 del 27-09- 1999 ad oggetto "Iniziativa per il tempo libero e la congressualità - Casa Scoppetta" ha conferito a due professionisti di Salerno (guarda caso) l'incarico di predisporre un progetto da presentare alla Regione Campania per il P.O.P.1999 allo scopo di realizzare nella "Casa Scoppetta" (sic!) "l'intento dell'Amministrazione di dotare la proprietà degli impianti ed arredi necessari per attrezzare due sale multifunzionali nelle quali allestire, fra l'altro, mostre di pittura, di opere d'arte, ecc.nonchè di tenere meeting di cultura e di affari e destinare uno spazio anche alla promozione di oggetti e gadget locali;" - "il progetto, per il suo contenuto culturale, eleverà gli standard qualitativi e quantitativi dell'offerta turistica;" - "per il raggiungimento di un target di qualità «alto» dei visitatori saranno contattati per un diretto coinvolgimento dei musei non solo regionali, ma delle maggiori capitali d'Europa, primi tra questi quelli di Parigi e di Berlino;" altro che museo permanente per Pietro Scoppetta ed Antonio Tirabassi! La verità è che i pensatori di questa giunta "rossa" (tale è dal momento che i cattolici, che avevano determinato il successo della lista, sono stati completamente plagiati, emarginati e ridotti al silenzio) sono ormai allo sbando, sempre più incapaci di dimostrare la necessaria sensibilità ed attenzione per i valori, le tradizioni, la cultura, i personaggi illustri e per le professionalità di questa terra del passato e del presente.

Fra i relatori in programma figurava anche il nome del Prof.
Giuseppe Liuccio il quale, non potendo esser presente per cause di forza maggiore, ha inviato la seguente lettera che è stata letta prima di dare l'avvio agli interventi.
Un lungo applauso ha ricambiato le parole del Prof.
Liuccio.